8 ottobre - La "Festa di Santa Reparata" a Firenze
La prima patrona di Firenze, la prima Santa alla quale era dedicata la Cattedrale Fiorentina, le cui vestigia si possono visitare in occasione della Festa di Santa Reparata sotto il Duomo.
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Anticamente a Firenze le feste si celebravano con coscienza e rispetto tanto che, in generale, pur non scegliendole dall'oggi al domani, quando queste si affermavano, rimanevano durevoli nel tempo. Sembra proprio che il popolo fiorentino, dopo aver deciso di festeggiare un dato evento, lo rispettasse con passione in modo duraturo. La nostra città, pertanto, è stata caratterizzata da un notevole patrimonio di tradizioni e feste che l'hanno resa, anche per questo aspetto, un punto di riferimento non solo per i suoi abitanti, ma pure per i turisti che da sempre la visitarono e la visitano.
Fra queste feste, di primaria importanza, è quella celebrata 1'8 ottobre, dedicata a "Santa Reparata vergine e martire, protettrice del popolo fiorentino". Infatti la ricorrenza ha conservato tutto il suo profondo significato laico e religioso, legato a quella santa a cui i fiorentini dedicarono la loro primitiva cattedrale, significato che oggi si vuole ancor più sottolineare con una serie di manifestazioni.
Tutto ebbe origine da un cruento avvenimento storico dopo il quale si ebbe l'affermazione definitiva in Firenze del cristianesimo, religione introdotta principalmente da mercanti dell'Asia Minore che portarono con la fede anche i santi a loro più cari fra cui Reparata, vergine di Cesarea martirizzata nel III secolo.
Nell'anno 406 la città venne sconvolta dovendo subire il suo primo assedio dopo quasi cinquecento anni di storia. Già diversi mesi prima, torme di barbari, provenienti dalle foreste del settentrione, dopo aver oltrepassato le Alpi si erano riversate sulle campagne e sulle città italiane portando ovunque desolazione e morte. L'orda di barbari Ostrogoti, comandati dal Re Radagaiso era, naturalmente, preceduta dalla paura, accompagnata dalla distruzione e, dopo il suo passaggio, dalla fame e dal dolore.
Le popolazioni barbare nomadi scendevano lentamente verso Roma con carri carichi fino all'inverosimile del bottino dei saccheggi e delle razzie che avevano compiuto, sulle ali del terrore, durante il loro tragitto. Impiegarono, perciò, circa nove mesi prima che le loro avanguardie giungessero sotto le mura di Firenze dove, con la solita ferocia, devastarono subito tutta la campagna d'intorno. Quando poi sopraggiunse l'intera torma dei barbari, con l'ingombrante bottino che si trascinava dietro, la città era chiusa e ben preparata alla difesa. Radagaiso la pose sotto assedio nella speranza di arrivare quanto prima a poterla saccheggiare ed oltrepassare, perché ostruiva, di fatto, il passaggio dell'Arno.
Non conoscendo strategie militari e non possedendo neppure macchine per abbattere e scalare le mura, gli Ostrogoti più che assalire la città la circondarono pensando di farla capitolare per fame. Ma l'approvvigionamento, che doveva far crollare subito la difesa fiorentina, mancò assai prima alle orde dei barbari, composte da oltre duecentomila unità fra uomini, donne, vecchi e bambini, accampati in una terra già devastata e priva di raccolti.
Correva un'estate torrida e la sete, oltre alla fame, attanagliò più gli assedianti che gli assediati, sostenuti dalle parole del loro vescovo Zanobi, dalle "preghiere di san Zenobio e dei suoi santi cappellani" (Matteo Villani). Radagaiso decise, quindi, di dividere in tre schiere il suo numeroso esercito, lasciandone una al piano per continuare l'assedio, e le altre due spostandole sulle più fresche colline nei dintorni di Fiesole. La situazione, critica da ambo le parti, era vissuta in città con terrore e sempre più tenui erano le speranze di sopravvivere, nonostante che i fiorentini fossero riusciti a respingere tutti gli attacchi dei nemici.
Un bel giorno d'agosto, dalla cima della collina di San Gaggio, alcuni ragazzi videro arrivare l'esercito romano comandato dal generale Stilicone: era la salvezza ! Corsero come saette a dare la notizia in città, perché la liberazione era prossima. E fu così. Infatti Stilicone impegnò subito gli Ostrogoti che assediavano la città con una minima parte del suo esercito, e fece dislocare il grosso della cavalleria e della fanteria nascondendolo sulle colline di Montorsoli e della Torre a Buiano. Quando Radagaiso seppe dell'attacco dell'esercito romano sferrato contro i suoi nella piana fiorentina, decise di scendere in loro aiuto per la valle del Mugnone, dove venne attaccato e annientato dalle truppe romane. Il nome della località in cui il re barbaro trovò la morte pare sopravvivere nel toponimo Montereggi da "mons regis". Fu una strage: centomila barbari furono uccisi ed i sopravvissuti vennero venduti come schiavi all'irrisorio prezzo delle pecore.
I fiorentini, secondo la storiografia non solo locale, subito attribuirono ad un intervento celeste la serrata di Radagaiso e del suo numeroso esercito "in faesulauos montes" e la facile vittoria romana che avvenne il 23 agosto del 406. Il volere divino aveva le belle sembianze della vergine Reparata che, in base a una leggenda presto sorta, il giorno della battaglia era stata veduta librarsi protettrice sopra Firenze.
La città decise, pertanto, di ricordare la sua liberazione festeggiandola non nel giorno in cui in realtà accadde bensì 1'8 ottobre, giorno dedicato a Santa Reparata, amata dai molti cristiani di origine orientale che si stabilirono a Firenze diffondendone il culto.
Per lungo tempo la storiografia cittadina arriverà perforo a ricordare 1'8 ottobre come il giorno della battaglia legando indissolubilmente l'avvenimento al nome della santa, a cui i fiorentini del V secolo avevano deciso di intitolare la cattedrale che avrebbero eretto, le cui vestigia si leggono al di sotto dell'odierna cattedrale che, a partire dalla sua edificazione nel 1296, andò a inglobare il precedente edificio di culto. L'antica Basilica di Santa Reparata tuttavia, com'è noto, fino al 1354 venne utilizzata per il servizio religioso fintanto che il cantiere dell'erigenda Santa Maria del Fiore lo rese possibile.
Nel corso dei secoli non solo il primo edificio cultuale cittadino mantenne viva la memoria della gloriosa vittoria sui Goti per la miracolosa intercessione di Santa Reparata ma anche, come già accennato, il suo ricordo venne perpetuato dalle cerimonie religiose e popolari che avevano teatro attorno alla cattedrale stessa, dove nel giorno della santa incedevano in processione i fiorentini.
Le cerimonie ad concursum populi erano spettacolari. Un testo del XIII secolo ricorda a noi moderni come nulla venisse lasciato al caso. La Cattedrale di Santa Reparata si presentava agli occhi dei fiorentini non solo splendente per i ceri copiosamente accesi sugli altari e per le luminarie che abbellivano la volta centrale e il coro ma fulgida, rigogliosa per il fasto delle ghirlande di mirto e di alloro che la adornavano in ogni dove, antesignane delle "robbiane" con cui gli uomini della Rinascita avrebbero ornato la cattedrale arnolfiana. Per la facciata del suo edificio, fra l'altro, lo stesso Arnolfo di Cambio scolpì, a chiusura del XIV secolo, la bella e possente effige della santa (attualmente al Museo dell'Opera del Duomo di Firenze).
La novella basilica, di cui Santa Reparata divenne contitolare insieme alla Vergine, ereditò, per così dire, la festa che nel corso dei secoli, per l'aspetto strettamente religioso, era caratterizzata, tenendo fede alle testimonianze degli storici del XVIII e del XIX secolo, dall'intervento di "tutti i Priori, e Rettori delle Chiese della Città", i quali assistevano in coro, dove venivano esposte le reliquie della santa, calla Messa, e Vespro solenne".
Una solenne cerimonia di culto medievale che, attualmente, ritorna a noi per volere dell'Amministrazione Comunale, in concerto con l'Arcivescovado fiorentino, e che ha teatro nelle suggestive rovine della prima cattedrale.
testi tratti da: Festività fiorentine di Luciano Artusi e Anita Valentini
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