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Stefano Bemer, "vero" artigiano fiorentino

Stefano Bemer è uno dei più emblematici esempi di come si cresce nel contesto cittadino e di come fiorentini non solo si nasce, ma anche si diventa.
Uno dei più autentici artigiani fiorentini, così ben radicato nel tessuto sociale di San Frediano, il quartiere più autentico di Firenze, che ha lasciato una grande eredità; un'azienda che è il frutto di un grandissimo lavoro di grande qualità artigianale e artistica. 
Stefano Bemer apre il primo negozio di riparazioni da autodidatta nel 1983 a Greve in Chianti. Ben presto si trasferisce poi a Firenze e nel 1987 sviluppa, con l’ausilio di un maestro, l’esperienza nella costruzione di scarpe su Misura, completando tale formazione con un corso di disegno e modelleria. La bottega di Bemer è ora un laboratorio artigianale che fa della qualità il proprio obiettivo.
E' la "Bottega fiorentina" che tutti amano. La bottega che, come nel rinascimento, era il fulcro delle attività artistiche e commerciali.
Dopo una lunga malattia Firenze da l'addio a Stefano Bemer, il maestro calzolaio che era grande partecipe della vita di San Frediano. Aveva 48 anni e lascia la moglie e i due figli. Il quartiere di Santo Spirito è in lutto, Bemer aveva anche un ruolo nell'attività sociale e sportiva di questa parte della città. 
Il suo grande amico Alfredo Cozzi dichiara al Corriere fiorentino: «Non si era mai voluto arrendere e aveva una grandissima forza d'animo. Aveva coronato il suo sogno, arrivando a Firenze da Greve. Il nostro cuore è a pezzi». 
Il sindaco di Firenze Matteo Renzi lo ricorda come un grande artigiano parte della vita cittadina:
«Ci lascia prematuramente un uomo che aveva saputo imparare ed incarnare la vera essenza dell’artigiano fiorentino: da Greve alla sua bottega in Oltrarno, con passione, fantasia e spirito imprenditoriale, aveva creato un marchio conosciuto ed apprezzato nel mondo, che faceva onore alla città. Alla sua famiglia il cordoglio dell’amministrazione e dei fiorentini. Mi auguro che la bottega Bemer continui il suo appassionato lavoro e che il suo esempio possa essere seguito dalle generazioni più giovani».

Io lo ricordo come un uomo attento e scrupoloso. Ricordo la via di Camaldoli, così popolare, tipicamente popolare, "illuminata" da questa bottega artigianale. Come nel passato succedeva sempre a Firenze, le botteghe artistiche e artigianali avevano degli allievi. Anche Bemer faceva questo, aveva con se allievi, che poi erano i suoi collaboratori, in particolare dal Giappone. Imparavano il mestiere da uno dei più noti calzolai d’Europa. La sua qualità e professionalità è da sempre dimostrata nella lavorazione del “vero” su misura. Via di Camaldoli è sempre stata la sua vera sede di lavoro, un bellissimo laboratorio, ordinato e profumato da quel mestiere antico come l'uomo che è il fabbricatore di scarpe. Amato da tutto il jet set internazionale, è riuscito a rendere giustizia ad un mestiere da troppi abbandonato.
Ricordo inoltre che nel 2009, insieme a Margherita Hack, Cristina Acidini Luchinat, Athina Cenci, Alessandro Benvenuti, Sebastian Frey, Giampiero Maracchi, Piero Pelù e la Fondazione FILE, Stefano Bemer fu premiato alla tradizionale Cena di San Frediano, del “Torrino d’Oro” il riconoscimento che viene conferito ad illustri personaggi fiorentini che, con il loro impegno professionale, hanno contribuito a diffondere la “fiorentinità” in Italia e nel mondo.
La speranza è quella che l'azienda di Stefano Bemer continui nella sua attività artigianale. Che rimanga così come Lui l'ha costruita e pensata. Che non venga inglobata da qualche multinazionale che ne snaturerebbe la fiorentinità. 
Un grazie a Stefano Bemer e a quanto ha realizzato nel corso della sua breve vita, portando il nome di Firenze, ancora una volta, nelle più alte vette del circuito mondiale dell'arte.






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