Perchè la "leggenda" di Anselmo è vera...
Quante deviazioni vengon poste quando trattasi di riportare fatti raccontati di un passato così adorato... quasi a voler che ciò che succedeva fosse a dovere di metterlo ad elevazione culturale.
Giovanni Cavalcanti cita nelle sue Istorie fiorentine la storia relativa ad un personaggio, del quale non si trova traccia del nome. Le Istorie fiorentine furono scritte nella prima metà del XV secolo, e con successive divulgazioni è stato anche aggiunto un nome al semplice fiorentino protagonista della brutta storia che lo riguarda.
La leggenda di "Anselmo" (a questo punto le virgolette stanno sul nome) diventa quasi vera e invito tutti a leggerla con simpatia e ad alleggerirla con un mio precedente post, scritto consultando testi più recenti.
Buona lettura.
"Come nella via del Cocomero fu un cittadino che sognò che un leone gli mordeva la mano, e che si moriva; e tornògli vero.
E’ si vede che questa nostra vita, la quale tanto cara tegniamo, e in cui tutta speranza abbiamo posta, è appiccata a tanta debilità di filo, che dalla vanità de’ sogni non può alcuna difesa nè resistenza fare. Io udii da un maestro Francesco di ser Conte, cerusico e discepolo del grandissimo cerusico maestro Lodovico, il quale mi fece autentica fede, come s’era ritrovato, con tutti i medici, a correre a casa un nostro cittadino nella via del Cocomero. Questo cittadino sognò che un leone gli mordeva la mano, e di quello morso si moriva. Seguendo la mattina del fatto sogno, e andando alla bottega, per lo quale andamento capitò in sulla porta di Santa Maria del Fiore, che risponde al principio della via del Cocomero: in su quella, per adornezza della porta di marmo, v’è due leoni scolpiti; del quale all’uno il detto sognatore la mano gli mise in bocca, dicendo: Io voglio che il sogno faccia suo corso, acciocchè io esca di sì perverso immaginamento, e sarò libero dal tristo annunzio. Uno scorpione essendo entrato per la frigidità del marmo, in quella bocca, a quello sognatore punse quel dito che sta per confino in mezzo di tutta la mano; il quale morso fu di tanta amaritudine, che per tutti que’ medici riparo non si potè trovare che la vita dalla puntura non fusse in quel medesimo dì soperchiata e vinta: e così il sogno fu vero profeta, e la ciancia la somma cagione di si inopinata e mai più sentita morte. Non ostante che questo non sia obbligato nelle nostre promesse a descrivere, lo narro per prova della predetta visione del conte Oddo; conciossia cosa che le prove de miracoli i mostrano con le prove delle cose miracolose."
(Giovanni Cavalcanti – Istorie fiorentine, Cap. XIII)
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