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La Pensilina "Toraldo di Francia"

Quante pensiline ci sono nel mondo! Belle, brutte, più o meno famose. E per tutti gli usi. Tutte necessarie per il riparo dei passeggeri, comunque delle persone.
In ogni città ce ne sono alcune, ma anche una sola basta per andare avanti col discorso, di indispensabili, di artistiche. Una buona parte sono conosciute attraverso la filmografia : hanno nascosto malfattori in fuga, riparato vecchiette impaurite e sole e così via. Chi non ricorda quella famosa sotto cui è passata la grande Marilyn che poi si è beccata quella sbuffata di vapore nel film capolavoro : “A qualcuno piace caldo” ? Oppure quella da cui parte Anna Karenina, la anch’essa grande Greta Garbo? Non vorrei sbagliare , ma anche in “Mezzogiorno di fuoco” mi pare ce ne sia una! Le citazioni potrebbero durare ancora molto.
Questa introduzione molto sommaria serve per avvicinarci a parlare di quella costruita al lato destro (guardando) della Stazione di S.M. Novella, a Firenze: la cosiddetta, dal nome dell’Architetto, “Toraldo di Francia”, che adesso pare essere in procinto di essere abbattuta. Quando si inaugurò si disse, da più parti, della sua funzionalità e dei servizi che poteva ricoverare: biglietterie, informazioni turistiche, info alberghiere, edicola, noleggi e altri ancora.
Poi, non avendone mai curato l’ aspetto, pur essendo uno dei primi impatti di chi arriva in treno in città, il degrado – non evitato da chi invece doveva – (forse perché non l’aveva pagato di sua tasca!) ha preso il sopravvento. Una scritta oggi, una domani; una pisciata oggi e una domani; una bici scassata lasciata legata oggi e una domani (serve continuare con gli esempi?), l’hanno ridotta, nel tempo, come la si vede oggi. Un troiaio.
Ma non sarebbe neppure irrecuperabile. Basterebbe volerlo. Non foss’altro che per il decoro della città visitata ogni giorno da decine di migliaia di persone. Poi, forse, è entrato di mezzo l’interesse per alcuni spazi da recuperare per l’ampliamento della Stazione con l’A.V. alle porte ed allora, se così sarà, addio pensilina. A tanti non è mai piaciuta, così come a tant’altri si. A molti è sempre parso un lavoro pregevole, con splendide citazioni dell’architettura medievale e rinascimentale fiorentina. Ad altri no. Vi si leggono ‘frasi’ della Badia fiesolana; del Battistero; della chiesetta di S. Felice a Ema; dell’antica chiesa di S. Salvatore al Vescovo in Piazza dell’Olio e delle Basiliche di S.M. Novella e di S. Miniato al Monte. Bastano per eventualmente salvarla? Non certamente nello stato in cui si trova!!
Il degrado non è cosa di questi giorni. Affonda nel tempo, da quando nessuno più si sente investito del compito di preservare, conservandoli al meglio, i monumenti e le testimonianze della storia fiorentina. Tanto da lasciare, senza neppure tentare di porvi rimedio, che si imbrattino i monumenti e le case, quelle povere e quelle bellissime, del centro come della periferia. Non si dica che non è possibile porvi rimedio! Solo che non si vuole. Si domandi come, allora. Ogni cittadino di buon senso sarebbe in grado di indicare decine di rimedi. Salvo chi dovrebbe porvi rimedio non li conosce! Pare addirittura che non veda il problema e come si svolge.
Anni indietro, una domenica pomeriggio in attesa della partenza di un bus n° 31, si osservava che alcuni extracomunitari (allora si definivano solo stranieri) si erano organizzati a gruppi divisi per etnia, ognuno occupando uno dei piccoli spazi cui è divisa la pensilina. Parlavano fra loro, maschi e femmine divisi in differenti sottogruppi. Chissà di cosa parlavano : dei familiari lontani? Dei loro figli a Firenze o nei loro lontani paesi? Delle difficoltà nel trovare di che vivere e come aiutare chi era restato a casa, nel paese natale? I maschi single forse parlavano di donne, di come poterle incontrare, in specie le stanziali e, perché no, come poterle imbroccare. Fu osservato un gruppo forse tailandese o cingalese, sicuramente di un paese orientale e perciò lontano. Gli uomini bevevano continuamente birra in formato 3/4, che avevano con se a casse. Di tanto in tanto uno si staccava dal gruppo e, volto per pudore dall’altra parte, verso un cantuccio, si lasciava andare in una gigantesca pisciata. Col passar del tempo, chi si allontanava per .., doveva stare sempre un po’ più lontano del precedente dall’angolo vespasiano per non inzaccherarsi le scarpe nel liquame oramai abbondante, che vi ristagnava a causa della pendenza contraria (cioè verso l’interno) data dai muratori. Anche quando pioveva a rovesci l’acqua si riversava a terra infischiandosi delle grondaie sempre piene di aghi di pino fin dall’indomani della inaugurazione della pensilina. Lo sguazzare nei liquidi pareva essere la norma, fosse acqua piovana o urina. Tanto che un tale, passando di li con la vescica piena, non trovò di meglio – e con soddisfazione – che avvicinarsi all’angolo e, sbottonata la patta, imitare i bevitori di birra liberandosi dei propri liquidi.
Francoeffe

Commenti

  1. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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  2. Anna Angelini Antolini Kennedy Lawrie25 agosto 2010 alle ore 12:23

    Sono d'accordo al 100% su tutto quanto scritto sopra . Ma cosa si può fare ? Amurri avrebbe potuto scrivere un libro " Come uccidere una Stupenda città senza un perché "

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  3. L'epilogo di tutto questo si stà consumando proprio in questi giorni, è comunque una soluzione.
    La pensilina non c'è più, è stata completamente abbattuta..

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