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Angelo Gatti, un uomo dimenticato

Ricevo volentieri (e lo ringrazio) questa recensione su Angelo Gatti. Me la invia  Pier Tommaso Messeri, laureando in Storia all'Università di Firenze. "Il Gatti, dice Messeri, dovrebbe essere ricordato dagli abitanti del Mugello anche perché è lo zio e tutore del famoso poeta Filippo Pananti, da lui più volte rammentato".
Ecco lo scritto:
La popolazione toscana non è stata grande solo nel campo artistico, letterario, musicale e sociale spesso si dimentica quanto è stato fondamentale nel campo medico l’apporto dei medici e scienziati nati e cresciuti nella nostra terra.
Tra questi il Dott. Angelo Gatti nato a Ronta in Mugello il 17 Dicembre 1724 da una agiata famiglia del luogo. Offrendogli il borgo natio ben poco in quanto a possibilità future, fin da adolescente venne messo a studiare nel Seminario Arcivescovile di Firenze, dove si avvicinò a materie teologiche studio che però non lo convinse ad intraprendere la carriera ecclesiastica, ma bensì ad iscriversi una volta uscito dal Seminario all’Università di Pisa come studente di medicina dove si laureò prestissimo e a venticinque anni subito lo vollero come professore nella stessa facoltà medica.
Insegnò medicina a Pisa per diciotto anni dopo di che iniziò a viaggiare per il nord Africa, la Grecia, l’Italia fino al momento in cui venne accolto in Francia preceduto dalla fama di grande scienziato, egli infatti si proponeva di prevenire una malattia che all’epoca costituiva un vero flagello il Vaiolo immunizzando le persone infettandole con sostanze purulente prelevate dai malati tramite l’inoculazione, dopo anni d’intenso studio ed esperimenti cercava di debellare una epidemia che molto democraticamente non risparmiava ne l’aristocrazia ne il popolo, quindi molti membri della popolazione d’oltralpe soprattutto all’interno della classe benestante accolsero il medico mugellano con grande entusiasmo. La scoperta di questo metodo di prevenzione dalla malattia che anticipava sul tempo quella dello Jenner con il suo vaccino, chiaramente dovette imbattersi all’inizio nella netta e ferma ostilità di alcuni medici che vedevano in questa innovativa pratica un affronto alla medicina tradizionale e nella stessa Chiesa che non poteva accettare una tale intrusione della scienza nei disegni divini relativi alla salute del singolo individuo. 
Ad aiutare il dottor Gatti ci pensò il barone Holbach che facendosi inoculare con i propri figli con esito soddisfacente dimostrò al popolo parigino l’utilità di tale pratica,ma a complicare la vita al medico toscano ci si mise il sorgere di una epidemia di vaiolo che in quel periodo durò più del dovuto e la colpa fu data all’inoculazione adoperata dal Gatti, fu infatti accusato formalmente dalle autorità statali e per lui dal punto di vista professionale si sarebbe messa male la situazione se proprio il sovrano di Francia non lo avesse riabilitato ordinandogli di inoculare il vaiolo ai cadetti dell’accademia militare. Venne così assunto come medico di corte in Francia, iscritto a numerose accademie scientifiche, insignito di onori e ordini cavallereschi, fu nominato professore emerito a vita dall’università di Pisa, scrisse in francese due trattati sulla propria scoperta: Riflessioni sui pregiudizi che si oppongono ai progressi e alla perfezione dell’ inoculazione nel 1764 e le Nuove riflessioni sulla pratica dell’inoculazione 1767 ( bisogna considerare che Jenner farà il suo primo vaccino nel 1796). 
Il Gatti riscosse anche onori nella sua Toscana sia come privato cittadino, ebbe un carattere mite e generoso e fu preso come tutore dei figli della sorella rimasta vedova fra i quali c’era Filippo Pananti che poi diventerà un celebre poeta dalla vita avventurosa, sia come medico infatti il 13 Maggio 1769 a Firenze compì l’inoculazione al Granduca Pietro Leopoldo e al famoso abate Fontana, nel 1774 inoculò il vaiolo ai giovani membri della famiglia granducale ricevendo dal Granduca una preziosissima tabacchiera d’oro, dovunque negli ambienti scientifici dell’epoca si parlava di lui e alla fine degli anni settanta del ‘700 si diresse con una sua nipote a Napoli dove venne fatto medico della famiglia reale, rimase nella città partenopea alla corte dei Borboni fino alla sua morte avvenuta il 18 Gennaio 1798.

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